domenica 31 maggio 2009

Pugilato e lotte di classe

Tante volte mi capita di fare associazioni libere tra quello che studio a scuola, quello che leggo su internet e quello che vedo in televisione. Bene, mi è ricapitato l'altra sera.
Il pomeriggio avevo studiato alcune pagine di Pasolini sulla società degli anni sessanta e settanta, in cui Pier Paolo si lamenta della omologazione borghese e interclassista degli italiani. Cancellare l'immenso mondo contadino e tutti gli antichi dialetti fu più feroce di tutto ciò che fece il fascismo. Pasolini dice poi che le uniche persone che gli interessano sono quelle che hanno fatto al massimo la quarta elementare, perchè chi ha una forma di cultura imposta e voluta dal Potere (ergo la società consumistica) è in qualche modo corrotto e impuro. Ovviamente questo non vale per chi ha una cultura altissima ma per il borghese medio.
Non riuscivo ad accettare posizioni che mi apparivano così datate e reazionarie finche non ho avuto l'idea di accendere la televisione. Era in onda Tetris dove si parlava di immigrazione e le due fazioni schierate non facevano altro che gridare e offendersi reciprocamente in una morbosa e collettiva ricerca del consenso. Una scena che mi ha fatto molta tristezza. Cambiando canale mi sono ritrovato su rai due, dove la Bignardi intervistava un campione del mondo del pugilato. Una persona umile, che ha avuto una vita sofferta, una famiglia difficile, un padre violento. Un ragazzo che ha conosciuto la povertà, la droga, la criminalità e l'obesità. Proprio quest'ultima l'ha spinto a entrare in una palestra, dove ha conosciuto un mondo nuovo fatto di fatica, sudore e intensa amicizia con i suoi allenatori e maestri, con cui ha stabilito un rapporto di amore paterno. Un uomo che è stato preso a schiaffi da un mondo e che è stato capace di trovarne e ricostruirne un'altro, fuori dai riflettori, dalle vie pieni di gente, da quelli che si rifiutano di accettare la propria condizione e volgiono sembrare diversi agli altri. Questo ragazzo ha preso atto del suo essere, di ciò che era e che era stato: una persona povera, con pochi affetti che cercava unica consolazione nella droga. Queste debolezze non ha voluto nasonderle o sbandierarle, non ha cercato di mimetizzarsi con le vesti e con gli atti sociali in quella classe media italiana ritratta e pompata dai media. Se ne è fregato delle risatine dei benpensanti.
Fatto ciò ha cercato la via della rivalsa, della rivincita, del riprendersi tutto ciò che non gli era stato concesso. Ma come può un persona della sua estrazione sociale riprendersi le dignità senza straniarsi e tentare di assomigliare ad altri? Lui ha scelto una palestra, duri allenamenti, il mondo dimenticato del pugilato, che non produce abbastanza denaro e quindi non esiste. Non ha voluto rapporti con molti ma l'amore di pochi. Il suo viso, le sue braccia, la sua storia bastavano a gridare la sua diversità a chiunque lo guardasse, non ha dovuto dimostrarlo.
Spesso si attribuisce dignità quando questa è riconosciuta da altri secondo degli schemi convenzionati. Non hanno quindi questa qualità i poveri, gli emarginati e tutti quelli a cui voltiamo le spalle. Se la possono conquistare solo se divantano altro: persone benestanti, con cui palrlare di cinema , di televisione, di poltica; solo se, insomma, accettano di entrare nel nostro mondo e accettare le sue leggi. Sono le regole della società dei consumi che mi raccontava Pasolini. Ma questo pugile non ha voluto scendere a compromessi, scegliere la via più semplice, che significava rinunciare alla prorpia dignità per una nuova dignità che non era sua ma di altri e quindi falsa e oscena. Ha capito che la dignità non è qualcosa a cui si può accedere attraverso un percorso stabilito, standardizzato; non è una prerogativa borghese. La dignità è una cosa che riguarda noi in quanto essere umani e la conquistiamo con il sangue e il sudore.
La straordinarietà di questo ragazzo sta nella sua semplicità e purezza, nella sua coerenza esistenziale, nella scelta di redimersi per se stesso e non per gli altri, nell'essersi riscattato facendo delle sue debolezza una forza straordinaria.
Sembrerà una specie di american dream o una storia di rivalsa sociale come tante altre ma in realtà è completmente diversa.
La sua dignità è ora assoluta e non relativa a questa o quella cultura lì (borghese, proletaria). Non ha mai rinnegato quello che è stato e ha accettato la realtà della sua condizione. Per questo è differente e, almeno per me, una persona di animo immenso.
Rispetto ai privilegiati che si scannavano su Tetris lui è un uomo puro, non corrotto e fedele a se stesso. Quindi un mito.

lunedì 25 maggio 2009

Beh se lo dicono loro...

Forse sarebbe il caso per tutti, per i politici e per gli osservatori, di capire finalmente il mutamento antropologico di questi anni. Un mutamento che parla di una cultura in libera uscita, non più proprietà privata di qualcuno. Che parla di un mondo in cui ognuno ha la possibilità (e la ricchezza) di pensare qualsiasi cosa senza per questo dover essere accusato di tradimento. È la google-generation. Un mondo in cui la politica non declina appartenenze ma opportunità. Non ideologie ma vita vera. Non semplicità ma complessità. Non passato ma futuro. In cui la politica non schiaffeggia con certezze di pochi ma accarezza con i dubbi di molti. Forse sarebbe il caso di cominciare a pensare che la politica non è mai acqua sporca da buttar via e bambini da salvare. Che la politica non è (e forse non è mai stata) una linea retta e continua. Che la politica, come la vita, è un eterno zigzagare alla ricerca di un destino tutto da costruire.



Ovviamente questo lo dicono i finiani

domenica 17 maggio 2009

Ooops

Oggi ho dato un'occhiata di sfuggita al giornale e ho intravisto il titolo:
"La Russa contro l'Unhcr: disumana o criminale"
Avendo frainteso una "i" di troppo ho pensato :
"Ma che importa a Medvedev di rovinarsi in questo modo la già lesa credibilità internazionale del suo paese?"
Poi mi sono detto che forse un'affermazione del genere ci sta in uno pseudo-totalitarismo come quello manovrato da Putin.
Poi ho riletto bene e ho sgranato gli occhi.

Dovrei smettrla di supirimi. Diciamolo.

sabato 16 maggio 2009

Lui sta bene

Al minuto 2:15 Chiambretti domanda a Ferretti: "Come mai lei ha 9 libri di Ratzinger?", chiedendo implicitamente i motivi della sua conversione.
La risposta di Giovanni Lindo è il più coerente possibile con il suo essere:
"Ho una passione per il cattivo gusto"


venerdì 15 maggio 2009

Teoria e prassi

Donald Draper dixit:

"La pubblicità si basa su un'unica cosa: la felicità. E volete sapere che cosa è la felicità? E' una macchina nuova. E' liberarsi della paura. E' un grande cartellone pubblicitario che ti dice che ogni cosa che tu faccia è ben fatta".


Ergo:


sabato 9 maggio 2009

Ma lo accantoniamo il buonismo per un attimo?

Il re­spingimento alle frontiere è un un’azione legittima di con­trasto all’immigrazione clan­destina prevista da tutti i do­cumenti Ue e dagli accordi in­ternazionali e praticata anche durante il governo di centro sinistra
Lo ha detto Fassino ai giornali. Ovviamente gli altri big del partito si sono dissociati da questa dichiarazione ribattendo sul carattere razzista che la politica di Maroni sta assumendo.
Prima di esprimermi su Fassino vi dico cosa ne penso della storia degli immigrati respinti onde evitare incomprensioni.
Sono ostinatamente convinto che le politiche di integrazione siano di gran lunga più etiche, giuste e incidenti dell'approccio leghista del levatevi dai coglioni. Bassta vedere i dati che indicano un raddoppio del numero degli immigrati rispetto all'anno precedente. Le persone non vanno mai respinte o cacciate a priori su base di pregiudizi di alcun genere. E' un atteggiamento stupido, da bambini che non vogliono ascoltare. E' necessario confrontarsi con un processo storico, non voltare le spalle; è un attegiamento che nei secoli si è sempre rivelato perdente. La terribile equazione immigrato=delinquente che si è imposta nello zeitgest italiano è indice dello stato politico, culturale e dell'informazione in cui è sprofondato il nostro paese. Sento molte persone che pronunciano "immigrato clandestino" come se parlassero di assassini o pedofili. E' una situazione che io deploro e non posso accettare.
Bene questo è ciò che penso io sul tema dell'immigrazione. Dovrei quindi non essere d'accordo con le affermazioni di Fassino. Bene, invece qui scatta il problema.
In politica si distinguono due piani: quello reale e quello comunicativo. Dopo quindici anni di B. credo che anche i più ostinati trozkisti abbiano capito la preponderanza del secondo ai fini del consenso elettorale. Consenso elettorale che poi si traduce in possibilità di governare e incidere sul piano reale. L'affermazione di Fassino non è solo esempio di realpolitik, ma anche un tentativo di venire incontro ai mal di pancia che ormai, di fatto, sono insiti nella società. So bene che è un lavoro duro fare del modesto populismo, ma sulla moralità e la politica mi sono già espresso. La sinistra deve imparare a fare un po' di demagogia, poi quando va al governo fa tutte le politiche integrative che vuole, può anche nazionalizzare le banche. Però al governo ci deve arrivare.

venerdì 8 maggio 2009

Questa cosa mi appassiona

Sempre sulla futile e morbosa questione del post precedente. Questo è ciò che ho detto a Wittgenstein:

De Bortoli mi ha lasciato perplesso. E’ vero che era giù di morale e forse insofferente a partecipare al teatrino allestito da Vespa, però doveva rivestire il ruolo del giornalista indipendente, quello che fa da contraddittorio. Dicendo a Berlusconi che non avrebbe dovuto andare al compleanno, ha servito un assist al Cav, che non si è lasciato sfuggire la succosa opportunità di riaffermare la sua avversione per le formalità istituzionali, proponendosi come distante da tutto quelo mondo di politici che gli italiani tanto detestano. Dicendo che non sarebbe lo stesso se non andasse a parlare con i cuochi, gli operai e la gente umile, si è proposto ai telespettatori (la cui maggior parte non brilla per autocoscienza critica) come l’impersonificazione dell’antipolitica, come quello che come lui disse “fa un lavoro che gli fa schifo” e lo fa, paradossalmente, per senso di altruismo. In questo modo si presenta alla gente come diverso dalla restante classe politica, anzi come migliore.
De Bortoli ha fatto la figura non del servo, ma del radical chic . Non volendo ha concausato una potente riaffermazione del Berlusconi “uno di noi”, e questo non va bene.

De Bortoli ha fatto il radical chic e B. l'italiano medio

In merito a B. da Vespa si è detto di tutto è di più. La maggior parte dell critiche su blog e giornali non le condivido, perchè non insistono sul ruolo determinante di De Bortoli come apripista per la sviolinata stile-amichetto-del-bar-sport che ha portato a B. 10 punti di consenso in più (tranquilli, si accumoleranno nelle prossime settimane). Visto che per me la questione è molto delicata e io non ho strumenti intellettuali per affrontarla propongo la cosa che più si avvicinaalla mia posizione. Così Gramellini:

In tv Berlusconi si è dipinto per l’italiano medio che è. Un padre troppo impegnato sul lavoro, ma che non si è mai dimenticato delle feste di compleanno dei figli, anzi, le ha «sostenute finanziariamente». Un marito distratto, ma capace di romanticismi occasionali e altamente spettacolari, come quando si travestì da nobile berbero per consegnare un gioiello alla «signora». La quale ora non vuole più saperne di lui solo perché si è fidata dei giornali di sinistra, i quali lo hanno dipinto come un depravato seduttore di minorenni, quando invece le cose sono andate così: Silvio era al Salone del Mobile di Milano, ma è dovuto scappare in anticipo per l’imbarazzo che gli procuravano i cori «Grande grande grande» dei fan. Atterrato a Napoli un’ora prima del previsto, ha ingannato l’attesa andando a farsi scattare quattro foto alla festa di compleanno della figlia di un amico. Se adesso la moglie non gli chiede scusa per aver dubitato della sua probità, lui cosa può farci, se non continuare a volerle «un mare di bene»?

In un mondo così meraviglioso e rassicurante c’è poco spazio per l’autocritica. E quando, nel passaggio più rivelatore della serata, Ferruccio De Bortoli, a nome della borghesia lombarda che fu, gli fa notare che un capo del governo non dovrebbe andare a feste di nozze e compleanni, il Premier del Popolo risponde: «Se non andassi ai matrimoni, rinuncerei a essere me stesso. Io parlo con i camerieri, i tassisti, i commessi. Ho un grandissimo rispetto per le persone umili». Applausi in sala e chissà quanti a casa. Questo divorzio minaccia di essere un altro terremoto: nel senso che, invece di togliergli voti, gliene porterà.

Non male anche il puntuale intervento di Leonardo

martedì 5 maggio 2009

Ma secondo me sono imbecilli

Gianni Alemanno se la prende anche con le serie televisive di successo come Romanzo criminale colpevoli, secondo lui, di alimentare atteggiamenti pericolosi tra i giovani. Visitando la scuola media nella borgata di Villaggio Prenestino, estrema periferia di Roma, nel cui cortile giovedì scorso un 15enne è stato accoltellato da un altro alunno di 14 anni, il sindaco della Capitale ha tenuto a sottolineare che non si tratta "di una criminalità organizzata, siamo a un altro livello, quello delle bande giovanili".

Quindi il primo cittadino ha parlato anche di modelli culturali che vengono veicolati alle giovani generazioni, puntando il dito sui programmi televisivi, in particolare la serie ispirata al romanzo di Giancarlo De Cataldo ambientata nella Roma violenta degli anni Settanta: "L'avevo detto fin dall'inizio che alcune operazioni culturali come la serie tv Romanzo criminale o altre simili non aiutano, hanno lanciato delle mode, degli atteggiamenti e dei modi di fare sbagliati. I giovani, invece non vanno lasciati da soli, faremo tutto il possibile per stare nelle periferie".
Fonte: Repubblica

La scusa che sono le arti figurative a genreare violenza non è solo errata, ma è anche stupida, populista e pericolosa. Ricordo che tempo fa la Mussolini ha cercato in ogni modo di censurare una canzone di Gino Paoli su una ragazza che viene violentata. C'è da aspettarsi che da domani mettano fuori commercio Pulp fiction.