sabato 17 ottobre 2009

Piccoli blogger crescono

Ho scritto una cosa con un mio amico:

Nello scorso agosto si è molto discusso di una sentenza del Tar del Lazio riguardante il ruolo dei docenti di religione nell'attribuzione dei crediti scolastici. Il Ministro Fioroni nel 2007 aveva stabilito che i “docenti che svolgono l’insegnamento della religione cattolica partecipano a pieno titolo alle deliberazioni del consiglio di classe concernenti l’attribuzione del credito scolastico agli alunni che si avvalgono di tale insegnamento”. La sentenza ha ribaltato tale impostazione. Giusto il tempo di far infuriare le polemiche su giornali e televisioni e la 'toppa' è pronta. Il 19 Agosto il ministro Gelmini, con un provvedimento retroattivo, ri-stabilisce che “l’ora di religione concorre all’attribuzione del credito”.

L’ora di religione è comune in molti paesi europei, anche se può differire la modalità di approccio: etico, storico o para-catechistico. In Italia, dopo la riforma Ermini nel 1955, si orientò l’ora di religione in un senso spiccatamente confessionale e per molto tempo essa è rimasta obbligatoria. Solo nel 1984, con il “nuovo Concordato” firmato da Craxi, venne meno l’obbligatorietà di questo insegnamento e si definì il seguente requisito: nelle scuole secondarie di primo e secondo grado l'insegnamento della religione cattolica può essere affidato a chi abbia conseguito un titolo accademico in facoltà o istituti approvati dalla Santa Sede o abbia compiuto il regolare corso di studi in un seminario maggiore. Tuttora il 30% dei docenti di religione nelle scuole pubbliche viene nominato dalla Curia diocesana, mentre il restante 70% è nominato dall’Ufficio Scolastico Regionale d’intesa con l’Ordinario Diocesano . Rimane dunque competenza - spesso in maniera esclusiva - della Chiesa l’organizzazione di una materia didattica (facoltativa) insegnata nelle scuole statali.

In un'ottica squisitamente micro-economica, il Primo e il Secondo Teorema dell'Economia del Benessere esplicitano lo stretto legame tra un contesto concorrenziale e l'ottenimento dell'efficienza Paretiana. I due assunti sottintendono alcune condizioni preliminari, ma sono largamente condivisi dai sostenitori del liberalismo nelle sue varie sfaccettature: l'abbattimento di privilegi (o prerogative) migliora il livello di concorrenza, e questo dovrebbe accrescere l'efficienza del sistema. Grazie ai contributi del Premio Nobel per l'Economia Gary Becker la logica dell'individualismo metodologico si è estesa (ed è estendibile) a ogni campo e comportamento umano, anche alla domanda e offerta di Fede religiosa, come ha ben spiegato in molti suoi lavori Laurence Iannaccone. Non trovano, quindi, giustificazione frizioni all'agire paritario degli individui dovute a privilegi assegnati dallo Stato a uno o ad altri operatori, neanche nel 'mercato religioso'.

L'obiezione comune è quella che l'ora di religione è facoltativa. Come contro-obiezione si fa notare che l'alternativa non rave; tra insegnamento della religione cattolica o insegnamento di ogni altra religione (circostanza tra l'altro impraticabile), ma tra religione cattolica o 'niente'. E' come se in un mercato l'alternativa fosse tra il servizio offerto da un operatore (si pensi a campi come telefonia, energia, trasporto o altro) o il non servizio. E' chiaro che tale alternativa prefigura una forma netta di distorsione di mercato (tipicamente il monopolio); e questo vale anche per l'ora di religione.

Una tesi avvallata anche da Pasquale Annicchino su uno dei blog italiani più liberisti dell'etere, dove si domanda “cosa è il Concordato se non un monopolio legalmente sostenuto (come i brevetti, per intenderci)”? Non è il monopolio in sé che interessa a noi, ma le barriere alla contendibilità del mercato nella forma di prerogative previste dal Concordato. In tal senso, Giuliano Ferrara su Il Foglio avanza un'interessante proposta: “Il Papa restituisce allo stato le sue prerogative concordatarie in materia di insegnamento religioso [...] e lo stato spezza il monopolio culturale antiliberale costituito dalla scuola unica pubblica e dal suo mito”. Una proposta che per quanto espresso prima non può che essere condivisibile. Una volta garantito tutto ciò che è meritorio dal punto di vista collettivo (es. scuole in zone periferiche o piccoli comuni), è necessario, dunque, aprire il mercato al finanziamento pubblico delle scuole sia statali che private secondo parametri chiari e verificabili di qualità dell'insegnamento in un contesto dove, necessariamente, vengono abolite le prerogative del concordato.

Riteniamo, in conclusione, che una sana concorrenza sarebbe salutare anche alla Chiesa, sempre meno capace di 'competere' efficacemente con altre religioni che, mancando di rendite di posizione, sono più dinami che e attive sul mercato della Fede.

2 commenti:

Riccardo Giordani ha detto...

Ho sempre diffidato delle scuole private e non ho mai pensato alla scuola pubblica come ad un "monopolio culturale antiliberale", ma devo dire che il vostro articolo e molto ben fatto e convincente.
Complimenti.

Zenone ha detto...

Grazie per i complimenti riccardo, ti segnalo anche questo articolo: http://www.meltinpotonweb.com/index.php?section=articoli&category=60&id=4289/economia/economia-internazionale-e-lavoro/La-Leggenda-Chiamata-Scuola-Elementare-Italiana