
Proteggimi dai lacrimogeni e dalla canzoni inutili
Lavarsi i denti con le antenne della televisione durante la pubblicità
Con le nostre discussioni serie si arricchiscono solo le compagnie telefoniche
Siamo l'esercito del SERT
Perchè non ci siamo mai rincorsi come nei film melodrammatici di merda
E non capisci gli incubi dei pesci rossi
E tornino a scoppiare a ridere le nostre madonne anoressiche
Facevi risorgere i binari morti e ricucivi i polsi a tutti
Rifacciamo le tette ai nostri progetti scadenti
Cosa racconteremo ai figli che non avremo di questi cazzo di anni zero
E si fermavano i tram per deridermi
Per ammazare il tempo ci siamo sconvolti
C'è questo ragazzo che si chiama Vasco Brondi. Ma si chiama anche Le luci della centrale elettrica. Viene da Ferrara. Non è molto bravo a suonare la chitarra. Non canta molto bene. Nei suoi demo (ma anche nell'album) si sentono le influenze di gruppi come CCCP, Offlaga disco pax, e anche qualche eco di Rino Gaetano. Loro hanno scritto testi imbevuti di politica e denuncia sociale, molto espliciti. Lldce/Vasco no. I suoi versi sono più ermetici, oscuri, paradossali (tanto che ha una pagina su wikiquote). Il suo stile vocale è un'evoluzione delle declamazioni di Giovanni Lindo Ferretti: sussurra e poi urla, stona e poi vocalizza.
Nell' album appena pubblicato "Canzoni da spiaggia deturpata" (titolo geniale e coerente con le traccie del disco) c'è anche Giorgio Canali, che oltre agli arrangiamenti ha pensato bene di sporcare ulteriormente il suono con le sue schitarrate lo-fi e pseudoblues.
L'anima del disco restano i testi malinconici e sofferti, che contengono acrobatici aforismi che parlano di una provincia post-industriale che sembra abbia il dono pasoliniano dell'eternità, che odora di fuoco, ferro e fumo. E' un disco intimo, confessionale, fuori dal tempo e dagli schemi; a tratti incomprensibile e patetico; un disco di musica italiana che parla di musica italiana; un disco provinciale che parla della provincia. Un disco soprattutto stupendo.
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